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Incontro a Zurigo su emigrazione, cultura e social media

 È a tutti noto il problema della distanza fra la generazione “storica” dei sardi emigrati e i giovani della nuova ondata migratoria, una distanza che mette a rischio la continuità della presenza dell’associazionismo dei sardi nei vari Paesi europei e non solo in quelli. Per affrontare il tema in modo nuovo e con rinnovata volontà, la Federazione dei Circoli Sardi in Svizzera (FCSS) presieduta da Antonio Mura, attiva da quasi mezzo secolo, ha avviato INSIDERS, ( www.insidersardinia.eu ) un laboratorio sociale inserito nell’ambito del progetto “Sardinia Everywhere”, attuato col patrocinio della Regione Sardegna.  

 

L’idea del progetto è scaturita nell’ambito del Circolo di Zurigo, animato da chi firma questa nota nella sua veste di vicepresidente vicario della Consulta per l’emigrazione. Dopo una fase di accurata elaborazione INSIDERS si è dunque concretizzato in un incontro seminariale svoltosi domenica 28 ottobre nella sala del Liceo Artistico di Zurigo. All’appuntamento, provenienti dalle varie città elvetiche (era presente una folta rappresentanza dei Circoli di Ginevra, Losanna e Lucerna) sono accorsi numerosi sardi consapevoli dell’importanza dell’evento teso a dar vita ad un nuovo associazionismo da cui potranno scaturire idee e progetti utili a incrementare i rapporti culturali ed economici da e per l’Isola.

La mattinata è stata aperta dalla relazione tenuta dal prof. Sergio Sotgiu, docente di Filosofia, già incaricato di “Storia delle Dottrine politiche e di Etica della Comunicazione Interculturale” presso l’Università di Sassari. Il suo discorso ha fatto leva sul valore dell’associazionismo quale fulcro della dimensione comunitaria e istituzionale. Esso è fondamentale per rinsaldare i rapporti fra le persone e fra i gruppi, per rendere più consapevoli le appartenenze, per creare e redistribuire vantaggi e risorse in ambito culturale e sociale, economico e lavorativo.

La stessa democrazia, ha affermato il prof. Sotgiu, è la forma politica che si caratterizza per l’ampia partecipazione alla vita pubblica, quella partecipazione che è poi il barometro che misura la vitalità di un Paese.

I lavori, poi, con l’attiva e competente partecipazione di Vito Meloni e Leonardo Canonico, consulenti del progetto INSIDERS, sono proseguiti a sessioni separate, quella dei seniores e quella dei juniores, per poi riprendere in modo unitario con vari interventi che hanno evidenziato la tenacia dei legami con le proprie famiglie e con la terra d’origine, l’importanza del lavoro e delle potenzialità economiche della Sardegna, per poi concludere con gli abbozzi di possibili progetti da sviluppare per attivare un ponte virtuoso con l’Isola.

Concluso il Seminario del mattino, dopo la pausa-buffet, le stesse sale dell’elegante Liceo Artistico (Kantonschule Freudenberg) hanno ospitato il Convegno indetto dal Comites di Zurigo, in collaborazione con la Federazione dei Circoli Sardi, col patrocinio del Consolato e il contributo del Ministero degli Affari Esteri. Titolo del Convegno: “Quali forme di associazionismo per il futuro?”.

Di fronte agli aderenti alle numerose associazioni italiane operanti nel Cantone (vi era una significativa rappresentanza di sardi), alla presenza di Marco Nobili, console aggiunto della città di Zurigo, ha aperto i lavori il presidente del Comites, Luciano Alban. Sono quindi intervenuti i vari ricercatori che hanno illustrato i risultati delle loro indagini circa le molteplici attività della comunità italiana a Zurigo tanto numerosa quanto apprezzata.

Momento centrale della serata sono state le relazioni del prof. Sandro Cattacin, sociologo dell’università di Ginevra, e del prof. Sergio Sotgiu, dell’università di Sassari. Il prof. Cattacin ha illustrato l’indebolimento se non la scomparsa delle appartenenze, dei legami e delle idee forti in un quadro cosmopolita caratterizzato dalla forte mobilità tipica della “modernità liquida”, o forse “gassosa”, di Zygmunt Bauman. Tale quadro, ha ribadito il docente dell’università di Ginevra, è irreversibile e come tale occorre adeguarcisi.

Il prof. Sotgiu ha messo in rilievo le insidie del disseccamento delle radici culturali e i pericoli relativi all’individualismo e all’alienazione quali effetti del processo di globalizzazione. Citando la Simone Weil il relatore ha ribadito che il radicamento è il bisogno più importante e più misconosciuto dell’anima umana, infatti, rafforzando le sue radici multiple, l’uomo può attuare una partecipazione ideale e attiva nell’ambito della collettività.

Inoltre, ha concluso il prof. Sotgiu, la stessa globalizzazione, come ogni altro processo, chiede di essere governata (è la grande lezione dell’umanesimo europeo), altrimenti si rischia di venir travolti da fenomeni controllati da regìe scarsamente amichevoli. Le due relazioni sono state seguite con grande interesse dal folto pubblico presente in sala che ha dato vita ad un intenso dibattito abilmente moderato dal direttore della “Rivista”, Giangi Cretti.

Domenico Scala

 

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