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“L'ISOLA IN CUCINA” di Roberto Loddi de Santu ‘EngiuMurriabi - Ricette Agosto 2023

 Malloreddus de cioliriu unu prattu tottu campidanesu

 La Sardegna è un’Isola ricca di storia millenaria, di bellezze naturali, di luoghi seducenti che è anche un laboratorio di ricette che racconta ed esprime tutto il patrimonio di sapori e profumi.

La cucina costiera è molto apprezzata, in particolare dai turisti che provengono da tutto il mondo, i quali vengono accolti e coccolati dall’ ottima ricezione delle strutture alberghiere e addetti alla ristorazione, che con competenza soddisfano le esigenze degli ospiti tutto l’anno.

 

La ristorazione dell’entroterra resta svantaggiata, in quanto meno conosciuta e l’affluenza turistica estiva è più rivolta al mare e alle coste e si concentra in circa tre mesi l’anno.

La ricca e appassionante cultura enogastronomica rimane tutta da scoprire è, per chi ha la fortuna di poterla gustare, non rimane altro che godere, perché la cucina dell’entroterra non ha subito contaminazioni, è rimasta quella di un tempo con l’utilizzo di ingredienti del territorio, freschi di giornata e a chilometri zero.

Il cuore pulsante della Sardegna, sempre alla ricerca di una vita semplice e in connessione con la natura, ruota intorno alla pastorizia e all’agricoltura, attività che da sempre hanno sfamato intere generazioni e hanno dato ossigeno a innumerevoli aziende artigiane, comprese le piccole imprese a conduzione familiare.

Oggi l’industria casearia e quella agraria sono il fiore all’occhiello dell’Isola, che oltre a garantire migliaia di posti di lavoro, con la lavorazione del latte e i derivati, che sono commercializzati oltreché nell’Isola, nel Continente e in tantissime parti del mondo, come per esempio; il pecorino sardo, lo zafferano e tanti prodotti dell’ortofrutta, settore sempre più in espansione.

Ci sono attività che hanno un sapore quasi romantico, come l’arte contadina di mietere il grano e trasformarlo in farina e da questo oro bianco, saper ricavare tantissime opere d’autore, in particolare sua maestà il pane, il re della tavola, preparato in tantissime fogge e la pasta, regina indiscussa delle massaie. Dalla pasta nascono formati di ingegnosa fattura, quali: - culurgiones - cruguxionis - ravioli ripieni, - lorighittas - malloreddus - paste fresche o fatte essiccare, tanto per citarne alcuni. 

- Is malloreddus - sono gnocchetti cicccioni come un vitellino, in sardo da - malloru - vitellone, e - malloreddu - vitellino. Gli gnocchetti sardi hanno una forma di conchiglietta allungata, di circa 2 cm di lunghezza, per confezionarli gli ingredienti sono: semola di grano sardo - trigusaldu -, acqua e in diverse zone, aggiungono lo zafferano - tzafanau -, quello di San Gavino Monreale, noto come città dell’oro rosso, per via della sua importante produzione che soddisfa la richiesta con il 70% del consumo nazionale. L’intingolo più adatto per gli gnocchetti è quello a base di salsiccia fresca di maiale - purpuzza- e prendono il nome di - malloreddus a sa campidanesa -, per completare il piatto non deve mai mancare il pecorino sardo, che deve essere giustamente stagionato e grattugiato al momento.

Piatto povero della cucina tradizionale contadina, un tempo - is malloreddus - era il piatto delle grandi occasioni; matrimoni, pranzi della domenica e feste comandate.

In Sardegna, numerose sono le sagre dedicate a questo eccellente piatto, all’altezza di competere con i più blasonati piatti della cucina dello Stivale.

Se non ci fosse, bisognerebbe inventarlo.

Ingredientis:

g 400 di semola di grano sardo - trigusardu - g 100 di semolato, acqua, una presa di sale, zafferano san Gavino a piacere, per l’intingolo: una cipolletta di Zeppara - (zona prosperosa della Marmilla), un mazzetto di prezzemolo, un ciuffo di finocchietto selvatico, g 100 di guanciale - grandua - g 400 di polpa di pomodori ridotta a poltiglia, zucchero, g 400 di salsiccia sarda fresca già spellata oppure di - purpuzza - carne di maiale battuta a coltello e conciata con aglio, vino tipo cannonau, sale e pepe nero macinato al momento, vino bianco secco, brodo, olio extravergine di oliva, pecorino stagionato, sale e pepe di mulinello q.b.

Approntadura:

disponi le due farine mescolate insieme sul ripiano della madia, forma un cratere e al centro tuffaci una presa di sale e tanta acqua tiepida che si riveli sufficiente ad ottenere un impasto sodo, liscio e privo di grumi, che lascerai riposare coperto per un’ora in luogo fresco. Passato il tempo di riposo, lavora per qualche minuto l’impasto, forma delle stringhe grosse quanto una matita, dopodiché tagliale a pezzetti di due centimetri circa e con l’aiuto di un crivello di giunchi - cilliru - ciolliriu - sadatzu -, falli roteare con la pressione del pollice, ottenendo i classici gnocchetti, prosegui in questo modo fino al termine della pasta e man mano che li prepari allargali su di una spianatoia insemolata ad asciugare. Nel mentre, trita la cipolla con il prezzemolo e a parte il finocchietto. Terminata questa operazione, batti a coltello finemente il guanciale, poi versa il ricavato dentro a un capace tegame di terracotta - tianumannu - terra de strexiu - caccavella - sattaina - sciacuera - strexiu - cassarolla - grassanera - schiscionera -, quindi unisci un giro di olio, il trito di cipolla e prezzemolo e fallo rosolare, dopo qualche minuto bagnalo con una spruzzata di vino. Evaporato, aggiungi la salsiccia sbriciolata o la - purpuzza - e prosegui la cottura per 10 minuti, bagnando eventualmente la preparazione con poco brodo bollente vegetale, qualora tendesse ad asciugarsi troppo. Trascorso il tempo indicato, unisci la polpa di pomodori, un peperoncino rosso piccante sminuzzato se gradito e un’idea di zucchero, il finocchietto tenuto da parte e porta avanti la cottura dolcemente per un’ora circa e quasi alla fine, regola il sapore di sale. Fatto, cala la pasta in una pentola con abbondante acqua salata a bollore (se gradito unisci all’acqua una presa di zafferano) e appena al dente, scolala direttamente dentro al tegame dell’intingolo, cospargila con una generosa grattugiata di pecorino e padellala velocemente a fiamma vivace, giusto il tempo che occorre per fare insaporire gli ingredienti. Servi gli gnocchetti immediatamente con un’ulteriore gattata di formaggio, unmacinata di pepe e un filo di olio. Vino consigliato: Monica di Sardegna fermo, dal sapore gradevole, morbido, vellutato e asciutto.

 

***

 

 

 

Arrosu e presuttu cun binu a su meboni

 

 

Il melone - Cucumis melo L., 1753 - è un arbusto rampicante che appartiene al genere delle Cucurbitaceae, e molte sono le varietà che sono state selezionate per salvaguardarne la specie.

Il dolcissimo e saporito melone è parente stretto dell’anguria e, da sempre ha avuto grandi apprezzamenti e rinomati estimatori.

Non esistono notizie sicure sulla sua origine, alcuni esperti sostengono che provenga dall’Asia, nell’antica Persia, mentre altri attribuiscono l’origine all’Africa, dove è stata trovata presenza di meloni selvatici.

Gli egizi pare furono i primi a divulgarlo nel V secolo a.C. in tutta l’area del Mediterraneo e in Italia fu introdotto intorno alla metà dell'impero Romano (27 a.C. - 476 d.C.). Plinio il Vecchio asseriva che il melone piaceva moltissimo all'imperatore Tiberio, ne parla nel suo libro “Naturalis Historia”, uniformandolo al cetriolo a forma di mela cotogna - melopepaes -,

Dai recenti ritrovamenti archeologici fatti in Sardegna nel sito di Sa Osa a Cabras (Oristano) sono venuti alla luce dei semi di meloni, riconducibili al periodo del Bronzo tra il 1310 - 1120 a.C. nel pieno tempo nuragico, perciò antecedente alle testimonianze egizie.

Marco Gavio Apicio, famoso cuoco vissuto nella Roma del I secolo dopo Cristo e autore di un famoso ricettario in dieci libri “De re coquinaria”, descrive nella sua opera una ricetta a base di meloni acerbi conditi con un intingolo ottenuto da una miscela di miele, menta selvatica, pepe, aceto e brodo.

Va ricordato che i meloni più dolci sono quelli femmina, quelli cioè che hanno dalla parte opposta al picciolo una specie di areola più scura, che ricorda il seno di una donna.

La Sardegna, come tutta l’Italia, vanta un’importante produzione di meloni, infatti se ne coltivano parecchie varietà in tutta l’Isola.

La Sardegna non è solo una bella cartolina patinata, ma una realtà che sembra condensare tutte le aspirazioni dell’uomo: la pace che sa dare una natura accogliente e incontaminata, con un mare trasparente e una vegetazione incredibile insieme alla serenità di un territorio dove convivono zone brulle e assolate con angoli che richiamano la variopinta tavolozza di un pittore.

In questi scenari si trova Lunamatrona, già popolata nel periodo nuragico, e confermato dalla presenza di nuraghi sparsi in tutta l’area e successivamente in era romana, con diverse tombe dell’epoca e resti archeologici.

Oggi Lunamatrona è un paesino di circa 1680 abitanti della provincia del Sud Sardegna. Il suo nome pare provenga da Juno, Giunone, seguito dall'attributo matrona, o secondo altre fonti il paese viene paragonato alla luna (luna regina), alla divinità notturna Diana, la romana Proserpina dea delle tenebre.

Lunamatrona è un centro agricolo dove si coltivano cereali: grano, ortaggi e la pianura è ricca di uliveti, agrumeti, frutteti e vigneti, ma il vanto degli agricoltori lunamatronesi è quello della coltivazione dei meloni (melone coltivato in asciutto - melone d’inverno - meboni de jerru -), e annovera numerosi allevamenti di ovini, suini, equini, avicoli e bovini. In paese la pastorizia è legata ad imprese che operano nel settore lattiero-caseario e derivati.

Ogni anno a Lunamatrona viene dedicata una mostra mercato al “melone in asciutto” e alla malvasia, che si svolge dal 31 agosto al1settembre (chiedere conferma per la data agli organizzatori).

Considerato che vino e melone vanno a braccetto, perché non chiudere in bellezza citando un antico proverbio sardo?, quando si mangia il melone: - binu a su meboni -  vino al melone e - acqua a su maccarroni - acqua al maccherone. Quando si mangiano i maccheroni: - binu a su maccarroni - vino al maccherone e - acqua a su meboni - acqua al melone. A buon intenditor poche parole!.

Ingredientis:

g 350 di riso qualità carnaroli ismolas, mezzo melone d’inverno d’asciutto maturo di Lunamatrona, una cipolla media di Zeppara (rigogliosa località della Marmilla) g 200 di vino bianco spumante brut tipo vermentino, brodo, g 200 di prosciutto crudo di Desulo a fette, zafferano San Gavino, granella di mandorle tostate, olio extravergine d’oliva, burro, sale e pepe di mulinello q.b.

Approntadura:

prima di tutto elimina la scorza del melone, poi riduci la polpa a piccole listarelle e il ricavato tienilo da parte. Fatto, in un capace recipiente di terracotta - tianumannu - fai rosolare dolcemente la cipolla tagliata finemente insieme ad un filo d'olio, aggiungi successivamente il riso e tostalo a fiamma media per un paio di minuti, girandolo spesso. Spruzzalo con il vino e una volta evaporato aggiungi una mestolata di brodo vegetale bollente e anche metà del melone tagliato a listarelle. Copri il recipiente e proseguii la cottura mescolando e aggiungendo altro brodo bollente di tanto in tanto. Nel mentre fai rosolare quattro fette di prosciutto crudo in una larga padella antiaderente e una volta dorato scolalo su dei fogli di carta assorbente a perdere il grasso in eccesso e tienilo al caldo. Terminata questa operazione, regola il sapore di sale del riso (tieni presente che il prosciutto crudo è piuttosto sapido, di conseguenza regolati con parsimonia) e impreziosiscilo con una lodevole macinata di pepe. Quando mancano circa cinque minuti al completamento della preparazione, aggiungi la restante parte del melone, una presa di zafferano e porta a termine la cottura. Passato il tempo allontana il risotto dal fuoco, aggiungi una noce di burro e fallo mantecare. Servilo in quattro piatti individuali assieme al prosciutto crudo rimasto, quello rosolato tenuto da parte poi sbriciolato e una spolverata di granella di mandorle tostate. Vino consigliato: Vermentino di Sardegna spumante ben freddo, dal sapore delicato, gradevole, tipico, sapido, fresco, acidulo con retrogusto amarognolo e asciutto.

 

 

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